MIDDLETON, WISCONSIN – Nella narrazione presentata dalla serie Netflix I parchi nazionali più belli del mondo, l’ex Presidente statunitense Barack Obama descrive il bradipo come una riserva di “un intero micro-reame” all’interno della sua pelliccia. “La ricerca sul bradipo aiuterà a combattere il cancro, la malaria e i virus resistenti agli antibiotici”osserva Obama e conclude dicendo: “Questo bradipo sonnolento potrebbe salvarci tutti.”
Queste affermazioni sorprendenti indicano quanto siamo dipendenti dalla natura per la nostra sopravvivenza e il nostro benessere. Il bradipo sonnolento e innumerevoli altre specie della flora e della flauna ci mettono infatti di fronte al fatto che le crisi legate alla perdita della biodiversità e al cambiamento climatico, tra loro interconnesse, sono diventate una minaccia esistenziale.
Di fronte a una minaccia esistenziale non abbiamo il lusso del tempo. Dal 1970, le popolazioni di animali selvatici a livello globale sono diminuite in media di circa il 69% . Solo nell’America del nord le specie selvatiche sono diminuite del 20% tra il 1970 e il 2018 e questa tendenza continuerà se non agiamo subito. Le nostre azioni di oggi determineranno il fatto che le generazioni future potranno vivere seneramente sapendo che la loro sopravvivenza, il clima, la salute, la prosperità e l’habitat non sono in pericolo.
Gli Stati Uniti, da parte loro, ospitano un’ampia gamma di ecosistemi e una sorpredente varietà di animali e piante sevatiche. Si stima, infatti, che ci siano 200.000 specie autoctone sul suo territorio che rappresentano il 13% delle specie a livello mondiale. I suoi paesaggi, che lasciano senza fiato, vanno dalle foreste lussureggianti alla tundra ghiacciata fino alle foreste pluviali subtropicali che sono in parte delimitate da 63 parchi nazionali protetti.
Gli Stati Uniti hanno anche un peso politico ed economico a livello globale e, in qualità di paese donatore più importante, lo sviluppo internazionale è una componente importante della sua influenza sugli affari mondiali.
Nel corso di questo mese l’attenzione sarà tutta puntata sulla conferenza COP15 della Convenzione per la diversità biologica (CBD) che si terrà a Montreal. Si spera che le discussioni in quest’ambito produrranno un accordo finale ambizioso rispetto alla “struttura quadro post-2020” che mira a proteggere almeno il 30% del pianeta entro il 2030 (30x30). La COP15 è anche un momento importante per gli Stati Uniti affinché esercitino il loro soft power a sostegno degli sforzi globali volti a costruire un futuro con un “approccio positivo verso la natura” in cui non solo si sia riusciti ad arrestarne la perdita, ma si sia riusciti addirittura ad invertire la rotta. Sebbene gli Stati Uniti stessi non siano un membro del CBD, a causa di divisioni bipartisan e dell’opposizione di diversi gruppi di interesse, il loro status garantisce loro ampie opportunità di contributo e la possibilità anche di influenzare il dibattito sul linguaggio finale della struttura quadro.
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Inoltre, gli Stati Uniti possono aiutare a costruire delle partnership influenzando gli attori principali del processo decisionale e creando nuovi incentivi per gli sforzi di conservazione a livello mondiale. Possono poi incoraggiare degli incentivi maggiori a favore di impegni specifici a livello di ciascun paese al fine di raggiungere gli obiettivi più urgenti in relazione alla conservazione. Inoltre, possono aiutare a ottenere gli impegni di finanziamento necessari a sostenere gli sforzi dei paesi a medio e basso reddito volti a raggiungere gli obiettivi di conservazione e a proteggere gli ecosistemi locali. Infine, possono integrare l’obiettivo della conservazione nelle politiche di sviluppo internazionale, aiutando in questo modo a compensare il costo della conservazione della biodiversità in questi paesi.
Nonostante l’incapacità di ratificare il CBD nel corso di trent’anni, gli Stati Uniti hanno dimostrato recentemente di essere ancora capaci di implementare delle politiche coraggiose in grado di invertire la tendenza. L’iniziativa “America the Beautiful” dell’amministrazione Biden mira, ad esempio, a conservare il 30% del territorio e delle acque americane entro il 2030, in linea con il target 30x30 che verrà negoziato alla COP15. Quest’iniziativa ha l’obiettivo non solo di accelerare uno spostamento verso la conservazione della biodiversità, ma anche di mettere i diritti delle comunità locali, delle popolazioni indigene e delle nazioni tribali al centro delle misure a sostegno delle aree protette.
Nella stessa ottica, l’amministrazione Biden ha recentemente nominato Monica Medina quale prima Inviata Speciale per la biodiversità e le risorse idriche; una mossa che conferma l’impegno dell’America nei confronti del contrasto alla perdita della biodiversità e alla crisi climatica. All’inizio dell’anno, sotto la guida di Medina, gli Stati Uniti hanno aderito alla High Ambition Coalition for Nature and People.
Nel 1984, il Dipartimento per gli affari interni degli Stati Uniti aveva pubblicato The Race for Inner Space, ovvero un rapporto speciale che lanciava un allarme rispetto al fatto che “il tempo stava scorrendo troppo rapidamente per garantire un sostegno adeguato alla conservazione della natura e per poter invertire la tendenza”. Circa sessant’anni dopo, il tempo continua scorrere troppo rapidamente, ma almeno l’apprezzamento della bellezza del nostro patrimonio naturale da parte degli americani è ancora vivo.
Le recenti iniziative dell’amministrazione Biden potrebbero ridefinire il movimento di conservazione americano permettendo agli Stati Uniti di dare l’esempio e definire lo standard per la conservazione per tutto il continente. E’ un paese che può usare il suo enorme potere e la sua influenza a livello globale, che sia di natura economica, culturale o politica, per aiutare il mondo a delineare una struttura quadro nuova e assolutamente necessaria per la biodiversità. Nonostante le divisioni su altre questioni, gli Stati Uniti possono ottenere un consenso a livello nazionale sul bisogno di proteggere il proprio patrimonio e di sostenere l’agenda globale per la conservazione attraverso gli impegni di finanziamento e iniziative volte a rafforzare le capacità.
Questo consenso non arriverà mai troppo presto. In un contesto in cui il tempo sta scadendo, la COP15 deve infatti essere considerata come un vero e proprio campanello d’allarme.
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At the end of a year of domestic and international upheaval, Project Syndicate commentators share their favorite books from the past 12 months. Covering a wide array of genres and disciplines, this year’s picks provide fresh perspectives on the defining challenges of our time and how to confront them.
ask Project Syndicate contributors to select the books that resonated with them the most over the past year.
MIDDLETON, WISCONSIN – Nella narrazione presentata dalla serie Netflix I parchi nazionali più belli del mondo, l’ex Presidente statunitense Barack Obama descrive il bradipo come una riserva di “un intero micro-reame” all’interno della sua pelliccia. “La ricerca sul bradipo aiuterà a combattere il cancro, la malaria e i virus resistenti agli antibiotici”osserva Obama e conclude dicendo: “Questo bradipo sonnolento potrebbe salvarci tutti.”
Queste affermazioni sorprendenti indicano quanto siamo dipendenti dalla natura per la nostra sopravvivenza e il nostro benessere. Il bradipo sonnolento e innumerevoli altre specie della flora e della flauna ci mettono infatti di fronte al fatto che le crisi legate alla perdita della biodiversità e al cambiamento climatico, tra loro interconnesse, sono diventate una minaccia esistenziale.
Di fronte a una minaccia esistenziale non abbiamo il lusso del tempo. Dal 1970, le popolazioni di animali selvatici a livello globale sono diminuite in media di circa il 69% . Solo nell’America del nord le specie selvatiche sono diminuite del 20% tra il 1970 e il 2018 e questa tendenza continuerà se non agiamo subito. Le nostre azioni di oggi determineranno il fatto che le generazioni future potranno vivere seneramente sapendo che la loro sopravvivenza, il clima, la salute, la prosperità e l’habitat non sono in pericolo.
Gli Stati Uniti, da parte loro, ospitano un’ampia gamma di ecosistemi e una sorpredente varietà di animali e piante sevatiche. Si stima, infatti, che ci siano 200.000 specie autoctone sul suo territorio che rappresentano il 13% delle specie a livello mondiale. I suoi paesaggi, che lasciano senza fiato, vanno dalle foreste lussureggianti alla tundra ghiacciata fino alle foreste pluviali subtropicali che sono in parte delimitate da 63 parchi nazionali protetti.
Gli Stati Uniti hanno anche un peso politico ed economico a livello globale e, in qualità di paese donatore più importante, lo sviluppo internazionale è una componente importante della sua influenza sugli affari mondiali.
Nel corso di questo mese l’attenzione sarà tutta puntata sulla conferenza COP15 della Convenzione per la diversità biologica (CBD) che si terrà a Montreal. Si spera che le discussioni in quest’ambito produrranno un accordo finale ambizioso rispetto alla “struttura quadro post-2020” che mira a proteggere almeno il 30% del pianeta entro il 2030 (30x30). La COP15 è anche un momento importante per gli Stati Uniti affinché esercitino il loro soft power a sostegno degli sforzi globali volti a costruire un futuro con un “approccio positivo verso la natura” in cui non solo si sia riusciti ad arrestarne la perdita, ma si sia riusciti addirittura ad invertire la rotta. Sebbene gli Stati Uniti stessi non siano un membro del CBD, a causa di divisioni bipartisan e dell’opposizione di diversi gruppi di interesse, il loro status garantisce loro ampie opportunità di contributo e la possibilità anche di influenzare il dibattito sul linguaggio finale della struttura quadro.
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Nonostante l’incapacità di ratificare il CBD nel corso di trent’anni, gli Stati Uniti hanno dimostrato recentemente di essere ancora capaci di implementare delle politiche coraggiose in grado di invertire la tendenza. L’iniziativa “America the Beautiful” dell’amministrazione Biden mira, ad esempio, a conservare il 30% del territorio e delle acque americane entro il 2030, in linea con il target 30x30 che verrà negoziato alla COP15. Quest’iniziativa ha l’obiettivo non solo di accelerare uno spostamento verso la conservazione della biodiversità, ma anche di mettere i diritti delle comunità locali, delle popolazioni indigene e delle nazioni tribali al centro delle misure a sostegno delle aree protette.
Nella stessa ottica, l’amministrazione Biden ha recentemente nominato Monica Medina quale prima Inviata Speciale per la biodiversità e le risorse idriche; una mossa che conferma l’impegno dell’America nei confronti del contrasto alla perdita della biodiversità e alla crisi climatica. All’inizio dell’anno, sotto la guida di Medina, gli Stati Uniti hanno aderito alla High Ambition Coalition for Nature and People.
Nel 1984, il Dipartimento per gli affari interni degli Stati Uniti aveva pubblicato The Race for Inner Space, ovvero un rapporto speciale che lanciava un allarme rispetto al fatto che “il tempo stava scorrendo troppo rapidamente per garantire un sostegno adeguato alla conservazione della natura e per poter invertire la tendenza”. Circa sessant’anni dopo, il tempo continua scorrere troppo rapidamente, ma almeno l’apprezzamento della bellezza del nostro patrimonio naturale da parte degli americani è ancora vivo.
Le recenti iniziative dell’amministrazione Biden potrebbero ridefinire il movimento di conservazione americano permettendo agli Stati Uniti di dare l’esempio e definire lo standard per la conservazione per tutto il continente. E’ un paese che può usare il suo enorme potere e la sua influenza a livello globale, che sia di natura economica, culturale o politica, per aiutare il mondo a delineare una struttura quadro nuova e assolutamente necessaria per la biodiversità. Nonostante le divisioni su altre questioni, gli Stati Uniti possono ottenere un consenso a livello nazionale sul bisogno di proteggere il proprio patrimonio e di sostenere l’agenda globale per la conservazione attraverso gli impegni di finanziamento e iniziative volte a rafforzare le capacità.
Questo consenso non arriverà mai troppo presto. In un contesto in cui il tempo sta scadendo, la COP15 deve infatti essere considerata come un vero e proprio campanello d’allarme.
Traduzione di Marzia Pecorari